Rubrica "Senza cornice"
di Marco Schaufelberger
Questi fantasmi.
Ad agosto nelle sere ventilate dalla brezza
marina, due storie sui fantasmi trascurati
della costiera.
Avere il piacere di "scrivere" per la terza pagina permette
qualche trasgressione, ad agosto si può su dieci piacevoli
appuntamenti mensili, non parlare di "Cultura" ma
evadere con la fantasia ai racconti che ci riportano alla
nostra giovinezza, quando d'avanti al falò per passare le
notti estive si raccontavano storie cosi dette di paura.
Grandi scrittori tra cui Matilde Serao e Benedetto Croce
hanno scritto sull'argomento, ma questo articolo è solo
uno spunto di approfondimento, un tentativo discorsivo
per passare insieme un'altra estate, passare un'altra notte
con un brivido, questi fantasmi nel loro attaccamento alla
vita, ci ricordano la bellezza del vivere a volte
dimenticata.
La danza della morte
Sergio Signore di Sorrento
Sarebbe possibile in una notte, possibilmente rischiarata
dalla luna rivivere l'esperienza del Signore di Sorrento
Sergio, nel 1100 dove oggi è la Chiesa dei SS. Felice e
Bacolo, all'epoca dei fatti era considerato un luogo
malefico a causa di un antico tempio pagano, famoso per
le sue marmoree statue.
Il Signore annoiato dalla vita di corte, decide in una calda
notte d'estate abbondantemente bagnata dal Lacrima-
Cristi, di prendere il suo cavallo preferito, si cinge i
fianchi con la sua spada, dono di un gentiluomo spagnolo
ed esce approfittando della luce lunare.
Lascia a casa una moglie sposata per procura, una donna
sposata ma mai amata, senza amore, solo noia, insidie e
congiure.
Il trotto del cavallo non diviene galoppo, troppo buio,
troppi ostacoli, troppo di tutto, per sentirsi vivo affronta le
leggende popolari, indirizza la sua cavalcatura nella
boscaglia, verso il tempio dirupo, verso il mistero.
Ecco davanti a lui i contorni di un ellenica architettura,
semi nascosta dalla vegetazione, sotto la luce il marmo
corroso è spettralmente bianco, freddo, freddo come la
sua vita, ferma la cavalcatura vicino ad un albero, smonta
da cavallo, attacca il fido destriero, si avvia verso la
scalinata che porta al centro del tempio.
Con la mano destra stringe la rassicurante impugnatura
della sua spada, arma che usa benissimo, il padre non
l'amava ma essendo il continuatore della stirpe non poteva
non sapersi difendere, e soprattutto non difendere l'onore
del casato.
Alle sue spalle un nitrito, nitrito simile a quello sentito
durante la guerra, non esita, l'odore degli agrumi in fiore,
l'ebbrezza del vino, la brezza marina che gli riempie i
polmoni, una strana euforia, sente una musica arcaica,
sconosciuta, una danza macabra, ma sensuale, un canto
delle sirene.
I piedi sfiorano le lastre del pavimento, ormai le colonne
sono state oltrepassate, va avanti, procede è dalle nicchie
absidate quelle che gli sono sembrate statue, si animano,
l'odore delle zagare aumenta, la musica è un crescente,
una vertigine, le donne dalla diafana pelle accentuata
dalla luce lunare, vestite alla greca, più che vestite coperte
da un velo trasparente che valorizza le tornite forme, velo
promessa di futuro piacere, le gambe a sciabola
eroticamente eseguono passi concentrici, il cui perno è
Sergio.
Rapito dalla bellezza delle tersicoree, Sergio si sta
lasciando andare, le fanciulle lo stanno quasi afferrando,
che il Signore avvezzo al pericolo si accorge che i loro
occhi erano diventati iridescenti come quelli dei gatti, i
loro denti erano affilati come pugnali arabi e le loro mani
si erano trasformate in artigli mortali.
Solo chi ha vissuto la guerra, conosce il potere
dell'adrenalina, la mano più veloce del pensiero fa roteare
la lama che con un sibilo amputa un avambraccio ad una
fanciulla, aprendo un varco verso la sua cavalcatura.
Monta in groppa al suo cavallo attraversando la notte,
senza paura perchè non ce tempo per quella, torna al suo
palazzo, si siede sulla sua seduta riempiendo il calice,
tracanna senza pausa tutto il contenuto sentendo la vita
scorrere nella sua gola.
La notte passa, ma la curiosità del mistero rimane, al
sorgere del sole rimonta in sella, sprona il cavallo
ritornando al tempio.
Sotto il sole tutto è sereno, tranquillo, smonta di sella e
trova al centro dell'antico tempio un' avambraccio
muliebre di marmo, amputato da una scultura.
In quel sito il Signore di Sorrento decide di edificare una
Chiesa, contro gli spiriti pagani che abitavano quel posto.
Sergio felice di aver debellato l'oscuro maleficio e
distrutto il tempio, ritorna alla sua moglie sposata per
procura, senza amore ne fantasia.
Passano gli anni è ormai Il Signore di Sorrento allettato,
impossibilitato nelle funzioni fisiche, divenuto muto,
sente la moglie chiamare la sua cameriera per prendere un
bauletto di legno, con la coda dell'occhio Sergio segue la
scena, la fantesca inciampa in un cavalletto, rovescia il
baule che si apre al suolo, snudando il suo contenuto....
una bianca mano di marmo.
L'infelice Duchessa di Amalfi
il nobile fantasma di Giovanna d'Aragona
Giovanna d'Aragona ha solo dodici anni, una bambina
condannata ha sposare nel 1490 Alfonso Piccolomini duca
di Amalfi, matrimonio tra due importanti e potenti
famiglie.
Ma Giovanna in seguito alla morte del duca rimasta
giovane vedova, nelle belle e assolate tenute di Amalfi si
innamora perdutamente del maestro di casa Antonio
Bologna, segretamente si sposano avendo due figli, un
rapporto segreto ma pieno d'amore.
Ma non è possibile per una titolata pensare all'amore, ci
sono gli interessi del casato, i suoi fratelli Carlo e
Ludovico scoprono il matrimonio segreto della sorella,
osteggiando accanitamente questa relazione costringono
Giovanna e Antonio alla fuga, i due innamorati vagano